Domanda molto interessante e che richiederebbe una lunghissima risposta. Cercherò di essere sintetico. A mio parere il genere fantascientifico (non fantastico o utopico) nasce con "Frankenstein o Il Prometeo moderno" di Mary Shelley. Stampato la prima volta nel 1818 e poi rieditato nel 1831, presenta per la prima volta un essere "creato" con metodi scientifici, grazie a quella che ai tempi veniva chiamata "filosofia naturale". Mary Shelley non entra nei dettagli del metodo di Frankenstein per dare vita al mostro (l'uso dell'elettricità è un'invenzione del mitico film del 1931), ma si discosta
Domanda molto interessante e che richiederebbe una lunghissima risposta. Cercherò di essere sintetico. A mio parere il genere fantascientifico (non fantastico o utopico) nasce con "Frankenstein o Il Prometeo moderno" di Mary Shelley. Stampato la prima volta nel 1818 e poi rieditato nel 1831, presenta per la prima volta un essere "creato" con metodi scientifici, grazie a quella che ai tempi veniva chiamata "filosofia naturale". Mary Shelley non entra nei dettagli del metodo di Frankenstein per dare vita al mostro (l'uso dell'elettricità è un'invenzione del mitico film del 1931), ma si discosta da altri racconti simili precedenti della tradizione. Ad esempio da "Il golem" dove il mostro è creato grazie alla magia della Cabala. Per Shelley non vi è magia, ma conoscenza delle scienze naturali. In ciò introduce nella letteratura "fantastica" il pensiero positivista della rivoluzione industriale.
Nome e definizione di "fantascienza" (scientifiction poi science fiction) vengono inventati da Hugo Gernsback nel 1926 sulle pagine della sua rivista "Amazing Stories". "Con fantascienza intendo il genere di storie scritte da Jules Verne, H.G. Wells e E.A. Poe: un racconto affascinante intimamente mescolato a fatti scientifici e visioni profetiche", scriveva. I tre famosissimi scrittori citati già rappresentavano tre tendenze della fantascienza: la prima (Verne) legata alla tecnologia del presente proiettata verso un possibile sviluppo; la seconda (Wells) più narrativa dove le conoscenze scientifiche sono integrate nel racconto che può proiettarsi nell'immaginario; la terza (Poe) dove conta il pensiero razionale di base e può condurre verso percorsi più gotici. Negli stessi anni di Gernsback si affermava con successo un nuovo genere (prontamente assorbito dalla fantascienza) la "space opera", avventure su lontani pianeti, che rende il suo massimo esponente, E.R. Burroughs, con "John Carter di Marte", lo scrittore più ricco di sempre. Un bell'esempio di "space opera" cinematografica è il ciclo "Star Wars". Negli anni '30 uno scrittore un po' nerd, R.E. Howard, con i racconti sul barbaro pre-storico Conan, inventa la fantasy moderna, la "sword and sorcery", che non è fantascienza ma che avrà la fusione con essa nella "science fantasy". Gli anni '40 vengono considerati gli anni d'oro della fantascienza letteraria, dato che iniziano a scrivere grandi autori "classici" come Asimov ed Heilein. Presentano opere fortemente ancorate alle teorie scientifiche dell'epoca e verranno chiamate "hard science fiction". È in questo periodo che compaiono le teorie sul motore a curvatura spaziale e sull'iperspazio e vengono previsti i cellulari. Negli anni '50 la fantascienza scopre le scienze sociali e umane con Dick, Bradbury… e nasce la "social science fiction". Negli anni successivi nasceranno il "cyberpunk" e lo "steampunk"… e in futuro? Non lo so, non posso prevederlo, non sono mica uno scrittore di fantascienza!
Le società distopiche sono facili da immaginare e parlano alle paure attuali, fornendo un conflitto chiavi-in-mano che è spesso la base per ottime storie.
Un futuro utopico invece non offre un interessante sviluppo narrativo. Tutti sono felici e non succede niente di male, fantastico. Ma dov'è la storia in questo?
E, in tutta onestà, l’Utopia sembra essere in ritardo e anzi, non pare arriverà mai. Non sarebbe infatti realistico suggerire che, tra dieci anni, andremo tutti in giro con sorrisi allegri sui nostri volti perché la vita è così dannatamente bella. (Venti anni? Cinquanta? Cento?)
No, non
Le società distopiche sono facili da immaginare e parlano alle paure attuali, fornendo un conflitto chiavi-in-mano che è spesso la base per ottime storie.
Un futuro utopico invece non offre un interessante sviluppo narrativo. Tutti sono felici e non succede niente di male, fantastico. Ma dov'è la storia in questo?
E, in tutta onestà, l’Utopia sembra essere in ritardo e anzi, non pare arriverà mai. Non sarebbe infatti realistico suggerire che, tra dieci anni, andremo tutti in giro con sorrisi allegri sui nostri volti perché la vita è così dannatamente bella. (Venti anni? Cinquanta? Cento?)
No, non succederà a meno che non mettano antidepressivi nella nostra fornitura d'acqua ... ma non sarebbe un po' distopico? Chi sono poi costoro?
La narrativa distopica, d'altra parte, sembra meno "irrealistica" (sebbene possa finire per essere molto imprecisa, beninteso). Sappiamo che la storia è costellata di regimi brutali e ideologie oppressive. E accendere il telegiornale della sera non solleva esattamente l’umore. Immaginare di più (o peggio) in futuro non è un esercizio troppo fantasioso.
La distopia fornisce sviluppi narrativi e tematici molto interessanti. Come si comporterebbe o dovrebbe comportarsi un personaggio in una società in cui le regole, la tecnologia e le norme sono molto diverse dalle nostre? Quanto cambieranno i valori umani nel tempo? Cosa succede se porti una tendenza contemporanea al suo estremo logico?
Gli scrittori possono esplorare queste idee mentre ambientano la loro storia su uno sfondo interessante. E, poiché lo scrittore può mettere il protagonista contro uno stato, una società, un culto, una religione, un'intelligenza artificiale o qualsiasi tipo di organizzazione o entità crudele o corrotto, ci sono ampie opportunità di conflitto ed eccitazione che guidano la narrazione.
Se sembra esserci un recente aumento di interesse per la narrativa distopica, questo interesse riflette un ampio disagio per gli sviluppi nella politica, nella cultura e nella tecnologia che abbiamo visto negli ultimi dieci anni. (E forse il fascino dei vampiri / zombi si è esaurito.) Ma le visioni distopiche non sono una novità, in particolare nel genere della fantascienza.
Il modello distopico di un individuo che lotta contro forze sinistre o corrotte è condiviso con altri generi come il fantasy o il thriller. Una distopia futura è solo un'altra arena in cui un protagonista può combattere contro un nemico apparentemente insormontabile con la promessa di successo o giustizia, ma non la garanzia. Se quell'ambiente è un alienante futuro high-tech, una brutale società post-apocalittica, una pia retro-teocrazia, dipende dalle inclinazioni dell'autore e dall'appetito dei lettori per la narrativa che riflette le loro attuali paure.
Semplicemente perchè l'Utopia è bella se la vivi, non se la guardi da fuori. Prova a pensare ad una pubblicità del Mulino Bianco anni '80 che dura un'ora e mezza, o una di quelle "andrà tutto bene" di questi giorni. Quanto resisteresti? Oltretutto, la gente che vive un'Utopia sarebbe molto conservatrice, passerebbe tutto il tempo (giustamente) a fare all'ammmorreee e guardare le nuvole che corrono. Insisto, se ne avessi la possibilità, firmerei subito, ma sennò troverei più interessante guardare il geko che mi gira per casa.
Al contrario, la Distopia è funzionale alla narrativa. C'è l'eroe che
Semplicemente perchè l'Utopia è bella se la vivi, non se la guardi da fuori. Prova a pensare ad una pubblicità del Mulino Bianco anni '80 che dura un'ora e mezza, o una di quelle "andrà tutto bene" di questi giorni. Quanto resisteresti? Oltretutto, la gente che vive un'Utopia sarebbe molto conservatrice, passerebbe tutto il tempo (giustamente) a fare all'ammmorreee e guardare le nuvole che corrono. Insisto, se ne avessi la possibilità, firmerei subito, ma sennò troverei più interessante guardare il geko che mi gira per casa.
Al contrario, la Distopia è funzionale alla narrativa. C'è l'eroe che si sbatte per cambiare le cose, ci sono i cattivoni che lo vogliono impedire, forse robottoni, sicuramente le 3 A di Ortolani (azione, avventura, atette). Insomma valgono il prezzo del biglietto, con catarsi finale se il film va a finire bene (Hunger Games), un monito a fare meglio se finisce male (Brasil). Comunque,ci sarà una storia che si dipana,e non le diapositive delle vacanze al mare dei coniugi Rossi.
Secondo me la distopìa non è un genere semplice da scrivere, da scrivere un capolavoro a scrivere un rotolo di carta straccia il passo è veramente molto breve.
Per tanto, dal mio punto di vista, l'aspetto che rende valido un romanzo del genere è la consistenza logica che l'autore riesce a dare. Un romanzo distopico per me DEVE essere prima di tutto credibile, poi eventualmente arrivano tutte le altre caratteristiche.
Io penso che le continue “piccole guerre”, le idee isolazioniste, i fascismi, gli egoismi, le chiusure agli “altri”, il “prima noi” abbiano avvelenato le anime e le coscienze di molte persone, rendendole pessimiste e chiuse su se stesse. La distopia, quindi, nasce in opposizione all'eutopia e all'utopia, che viene tradizionalmente intesa in senso positivo, cioè alla rappresentazione, sempre immaginaria, di uno scenario ideale, perfetto da tutti i punti di vista, e di conseguenza irrealizzabile. 1984 è considerato il romanzo distopico per antonomasia, il ritratto di una società che riflette il
Io penso che le continue “piccole guerre”, le idee isolazioniste, i fascismi, gli egoismi, le chiusure agli “altri”, il “prima noi” abbiano avvelenato le anime e le coscienze di molte persone, rendendole pessimiste e chiuse su se stesse. La distopia, quindi, nasce in opposizione all'eutopia e all'utopia, che viene tradizionalmente intesa in senso positivo, cioè alla rappresentazione, sempre immaginaria, di uno scenario ideale, perfetto da tutti i punti di vista, e di conseguenza irrealizzabile. 1984 è considerato il romanzo distopico per antonomasia, il ritratto di una società che riflette il peggior scenario possibile. In effetti non c'è accenno di speranza, non c'è luce e non c'è lieto fine.
Non saprei, ho più di 3000 anni..